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FANFICTION news: Capitolo 8 di "Pearl's House"

 

Le sue mani erano nate per toccarla, lei pensò, mentre si modellavano sulle sue curve. Sotto i suoi palmi, la sua pelle umida le inviava piccole scariche elettriche e sembrava come se il sangue le vibrasse nelle vene. Non sarebbe mai stata abbastanza vicina a lui, anche se ci avesse provato, fondendosi con il suo corpo mentre le faceva scivolare le mutandine lungo le gambe e la incoraggiava ad accettalo. L'aveva tenuta sul filo dal primo bacio e, quando si abbassò su di lui, riuscì a malapena a contenere il piacere che scorreva attraverso di lei come una corrente.


La strinse come se fosse preziosa per lui e la fece sentire al sicuro e amata mentre si muoveva contro il suo corpo. Ogni tocco era un'estensione del modo protettivo in cui l’aveva vegliata a casa di Pearl; parlava con le mani e con i suoi baci, sembrando incapace di parlare, di raccontarle le cose che aveva sempre desiderato sentire. Ma non poteva essere sicura che lui fosse consapevole di ciò, se sarebbe durato o se l'avrebbe respinta ancora una volta quando tutto sarebbe finito e questo la fece stringere a lui di più.


I suoi sentimenti per lui quasi si riversarono fuori con le lacrime e nel modo in cui mormorò il suo nome e lo strinse a sé mentre veniva. Era tutto ciò che poteva fare per trattenersi dal sussurrare parole d'amore che avrebbero sicuramente creato una spaccatura tra di loro mentre lui la seguiva al culmine dell'estasi.


Mentre lei riprendeva fiato, lui la tenne contro di sé, la testa poggiata nell'incavo del suo collo, le sue dita che accarezzavano il rapido pulsare della sua giugulare. Lungo tutta la sua schiena, le sue grandi mani calde si mossero con movimenti rilassanti mentre il suo respiro iniziava a rallentare.


Fuori, il cielo era nero come la mezzanotte, con lampi che penetravano attraverso la fessura nelle tende con frequenza e i tuoni che scuotevano i cieli e Cameron sospirò di sollievo che fossero lì nella stanza d'albergo invece che nel mezzo della tempesta.


Premendole un bacio sulla testa, la spinse via da lui e lei tirò giù le coperte in modo che potesse strisciare sotto di esse. Separata dal calore del suo corpo, il freddo della stanza le fece venire la pelle d'oca e guardò mestamente la pila di vestiti bagnati sul pavimento.


House accese la lampada, afferrò il suo bastone, lo stese verso la sedia e agganciò la tracolla del suo zaino, trascinandolo sul letto. Frugando dentro, ne tirò fuori una camicia pulita e asciutta e gliela passò e lei sorrise con gratitudine, indossandola, inalando il profumo di lui che era nel tessuto.


House posò di nuovo zaino e si sfilò i jeans, lasciandoli cadere a terra e tirandosi su i boxer prima di scivolare sotto le coperte accanto a lei. In quel momento si rese conto che lui si era preso cura di lei prima, di nuovo, e quel pensiero la toccava tanto quanto il suo fare l'amore e le portò così tanta gioia che ne fu quasi sopraffatta, dovendo sbattere le palpebre per fermare le lacrime. Se fosse stato possibile, avrebbe congelato quel momento e sarebbe rimasto lì con lui sempre, in quel posto dove le sue mura erano cadute e lui si era fatto vedere nella sua tenerezza e nell'affetto che aveva sempre sospettato che fosse capace di dare.


"Tutto bene?" le chiese e lei riuscì solo a deglutire le lacrime che aveva n gola e annuì.


Quasi riverentemente, House tirò fuori il diario di Pearl dallo zaino, mettendolo sulle gambe. Il libro era rilegato in pelle marrone consumata, spessa diversi centimetri con pagine color seppia e una striscia di nastro blu sbiadito in mezzo. Emanava l'odore di muffa di un'epoca passata, aggrappata ai granelli di polvere che fluttuavano lontano dall'antica carta all'interno.


House la guardò con le sopracciglia inarcate e chiese "Sei pronta?".


Lei annuì di nuovo e si avvicinò a lui in modo che potessero leggere insieme. Lui aprì la copertina e lessero il nome Struana McCready, 1843, scritto in una graziosa scrittura.


House andò alla pagina successiva e la storia iniziò.



Continua…

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