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FANFICTION news: Capitolo finale di "PEARL'S HOUSE"

  • houseoftelefilm
  • 1 mag 2021
  • Tempo di lettura: 5 min

House chiuse di scatto il diario e lo appoggiò delicatamente sul comodino accanto a sè. Lanciò un'occhiata solenne a Cameron, elaborando ciò che avevano letto, e lei si voltò, incapace di mettere i suoi pensieri in parole. Il finale era stato terribilmente insoddisfacente e doveva riconoscere la sua ingenua speranza per un risultato più felice per quelle due persone che conosceva solo attraverso quel diario e attraverso le sue esperienze a casa di Pearl.


"Allora... è stato interessante" disse infine House e lei non seppe se ridere o piangere per l'eufemismo. Si sentiva come se avessero appena intrapreso un viaggio nel tempo, avessero navigato in un burrascoso mare di emozioni, ed era sia esausta che euforica tutto in una volta.


L'orologio segnava le 2:17 del mattino. Spegnendo la lampada, House si mise sotto le coperte e disse "Dormiamo un po'".


Cameron si rannicchiò accanto a lui, sorridendo mentre lui avvolgeva un braccio attorno alle sue spalle, e presto si addormentò con il calore del suo corpo contro la propria pelle, sognando immagini vivide di House come il capitano di una nave, desideroso di un ricongiungimento con il suo vero amore.


Quando lei si svegliarono, il sole filtrava attraverso una fessura delle tende, creando una striscia di luce attraverso il letto. Cameron si districò da House e si mise a sedere, guardando l'orologio e notando che erano quasi le 11 del mattino.


"Siamo in ritardo per il lavoro" disse, guardandolo dall'alto in basso con un’espressione sgualcita e sexy per la sonnolenza.


"Ma non mi dire" lui mormorò, strofinandosi la coscia con il palmo della mano e indicando i jeans.


Lei si alzò e raccolse i loro vestiti ancora umidi, scavando nelle tasche per il suo Vicodin e passandoglielo. Mentre lui inghiottiva le sue pillole, si infilò i pantaloni e la camicetta, rabbrividendo quando il tessuto freddo le toccò la pelle.


House si alzò e zoppicò verso il bagno, senza preoccuparsi di chiudersi la porta mentre faceva la pipì e Cameron scosse la testa divertita. Si sedette sul bordo del letto, giocherellando con la sua maglietta mentre aspettava. Quando lui ritornò, si sedette accanto a lei e si infilò i jeans e poi la maglietta. Ma con la sua maglietta a metà, si bloccò, distogliendo lo sguardo da lei e poi si voltò, guardandola con uno sguardo quasi accusatorio.


"Hai preso tu il diario?".


"No" disse lei, sbattendo le palpebre confusa "L'hai lasciato sul comodino ieri sera" si alzò e si mosse per mettersi di fronte a lui, fissando il comodino che ora conteneva solo la lampada, la sveglia e la fiala di Vicodin di House. Mentre lei lo fissava, massaggiandosi la fronte confuso, House prese il suo zaino e lo svuotò sul letto, poi controllò il suo cappotto quello di lei.


Tirandosi fuori dal suo torpore, Cameron si inginocchiò e guardò sotto il letto e dietro il comodino, ma non trovò nulla. Aprì i cassetti e ritirò tutta la biancheria da letto, ma il diario non era da nessuna parte.


Per quanto strano le suonasse nella testa, Cameron non poteva fare a meno di pensare che Abel fosse venuto di notte e se lo fosse ripreso e rabbrividì al solo pensiero. Non espresse i suoi pensieri ad alta voce, ma sospettava che House stesse pensando qualcosa di molto simile.


Raccolse di nuovo le sue cose, rimettendole dentro lo zaino, e disse "Andiamo, usciamo di qui".


Tornarono a Princeton in silenzio e Cameron sentì la vicinanza che avevano condiviso la sera prima evaporare come rugiada del mattino. Quando arrivarono in ospedale, la lasciò accanto alla sua macchina e le disse "Vai a casa e cambiati, se vuoi. Ci vediamo più tardi" e poi se ne andò.

Erano passate due settimane e House non aveva mai accennato al loro viaggio tornare a casa di Pearl o alla loro notte in albergo. Al lavoro era più silenzioso del solito e Cameron lo trovava spesso a guardarla intensamente, quello sguardo blu che si posava su di lei come un tocco fisico, e si chiese cosa gli passasse per la mente. Le mancava, aveva perso l'intimità di ciò che avevano condiviso, ma sapeva che era meglio non spingerlo a fare di più.


Una sera, mentre era seduta sul divano a cenare, lui venne, bussando alla porta con il suo bastone come aveva fatto la volta prima. Il suo cuore iniziò a battere per l'anticipazione e la speranza, ma si disse di ricomporsi esternamente in qualcosa che sperava fosse neutrale e andò a farlo entrare.


"House" lo salutò, spalancando la porta in segno di invito.


La barba ispida scura faceva il paio con le occhiaie sotto i suoi occhi, spiccando contro la sua pelle pallida, come se qualcuno gli avesse abbozzato il viso col carbone.


Lui non disse nulla, si limitò a superarla e si avviò verso il divano, raccogliendo la sua cena abbandonata e mettendosene un po' in bocca.


"Sei venuto qui solo per mangiare il mio cibo?" gli chiese, sedendosi accanto a lui.


"No" rispose, deglutendo e guardandosi intorno nella stanza e osservando tutto tranne lei "Mi sei mancata".


"Anche tu mi sei mancato" mormorò "Se non fossi così idiota, non dovremmo mancarci a vicenda ogni volta".


"Vero" House disse con una risata priva di allegria.


"Togliti il ​​cappotto" Cameron disse, tirandogli la manica.


"Perché?".


"Perché così significa che resterai un po'".


Mentre si toglieva il cappotto, lui disse "Pensavo... di poter cambiare. Essere migliore. Essere il tipo di uomo che meriti, così da poter stare insieme”.


"House, non ti ho mai chiesto di...".


"Sta’ zitta e fammi finire" le disse, guardandola brevemente prima di continuare "Continuavo a ripetermi che con il tempo sarei stato abbastanza per te. Ma... non sta succedendo. Se posso cambiare... ci vorrà molto tempo"


"Non ho mai voluto che cambiassi" disse Cameron, scuotendo la testa esasperata "Voglio solo che tu sia felice".


"Non so se sia possibile" rispose, appoggiandosi allo schienale del divano e chiudendo gli occhi. Ci fu una lunga pausa e lei si chiese se si fosse addormentato. Ma poi riaprì i suoi occhi e la guardò "Non te l'ho detto... ma l'ho vista quella notte in casa. Pearl. Sembrava... come te" disse infine, cercando il suo viso, le sue dita che piegavano delicatamente una ciocca di capelli dietro il suo orecchio.


Lei chiuse gli occhi e mormorò "Anch'io l'ho vista" prese un respiro profondo prima di continuare "Ho cercato di trovare una spiegazione logica a tutto questo, ma..." si fermò perplessa e lui annuì in segno di assenso.


"Dai" la tirò su, tenendole la mano, e zoppicò lungo il corridoio fino alla camera da letto.


"Cosa stiamo facendo?" gli chiese, anche se conosceva già la risposta.


"Andiamo a letto insieme… e non per dormire" le rispose con un movimento delle sopracciglia "Beh, prima o poi dormiremo".


"House…" lei disse, fermandosi appena fuori dalla porta della sua camera da letto, frustrata da quella loro dinamica "Quante volte lo faremo?”.


"Beh, io sono vecchio, ma probabilmente posso cavarmela per almeno tre round stasera..." si fermò e guardò la sua espressione priva di umorismo, poi divenne di nuovo serio "Non posso cambiare, quindi spero che tu sia seria quando dici di volermi così come sono. Ti meriti di meglio e forse, con il tempo, potrei diventare... migliore. Ma io voglio stare con te".


"Perché ora?" gli chiese, sebbene sapesse che Pearl e la storia di Abel, la casa, lo avessero colpito tanto profondamente quanto lei. Mentre aspettava la sua risposta, fece scorrere il pollice in modo rilassante sulle sue nocche, desiderando silenziosamente che lui dicesse parole che voleva sentirsi dire.


"Perché ora?" lui ripetè "Perché... sono stanco di aspettare".



Fine.

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